Persino la spiaggia continuava a tormentarlo.
La fame dei gabbiani
si getta in un cumulo convulso;
allora perché non ripensare
a piedi indolenti,
a esercizi su palloni piazzati, al corpo
perentorio
in abbandono dal fondo
quando diventerà un ingombro
per i parenti: occhi imbalsamati
di volatili, la spiaggia
riconfigurata
nel gesto azzardato del ragazzo,
carico di apprensione
calcolata nell’immediato.
***
aveva pensato che vedere sempre la stessa luna portasse chissà mai quali auspici.
Tutti quei nomi sarebbero finiti,
i volti in un annuario fra stormi di occhi,
di bocche sospese. Da bordo campo
era da settimane che la pioggia:
un sonno corretto sambuca.
(M. Dagnino)